Phnom Penh è una città vivace, con un traffico molto denso. I tuk tuk e gli scooter sovraccarichi che sfrecciano veloci danno un'atmosfera molto animata al centro. Ho preferito Phnom Penh a Siem Reap, dove la massa di turisti per metro quadro era troppa per me.
Per viaggiare in modo alternativo, puoi andare in uno dei moltissimi ristoranti o negozi gestiti dalle ONG. Il ristorante Friends, della ONG Friends International, è gestito da ex bambini di strada recuperati grazie a un programma di formazione. Qui puoi mangiare tapas. Lì vicino, un altro negozio gestito da un'altra ONG presenta diversi oggetti di cui la maggior parte sono fatti con materiale riciclato, ideali per portarsi a casa souvenir sostenibili.
Nel centro di Phnom Penh consiglio la visita del Palazzo Reale e della pagoda d'argento, monumenti bellissimi. Nei parchi puoi fotografare le scimmie che si nutrono di ibisco.
Ma quello che veramente mi ha copito di Phnom Penh è stata la visita del S-21 e dei killing fields, luoghi tragici della storia degli Khmer Rossi. Um momento davvero toccate, ma secondo me indispendabile per comprendere la storia cambogiana. Centro di tortura durante il regime, la prigione del S-21 oggi è stata trasformata in museo. Moltissime foto testimoniano le atrocità che sono state commesse. A un'oretta di tuk tuk dalla città sono andato a visitare i killing fields o le fosse comuni di Choeung Ek, in cui 20000 persone sono state giustiziate. Per ricordo è stato eretto un grande stupa in cui riposano su più livelli i teschi delle tantissime vittime. In quel posto oggi la vita riprende il suo corso e delle splendide farfalle volano e fecondano, ignare degli orrori del passato.